L’Arena, 16 aprile 2018 «Presagi di morte, ho paura»

RISORGIMENTO. L’11 aprile di 170 anni fa Radetzky inviò truppe da Custoza e da Verona:  la repressione doveva essere esemplare

«Presagi di morte, ho paura»

La memoria della strage di Castelnuovo nelle lettere che i conti Mosconi scrivevano e ricevevano «Ieri sono giunti quattromila soldati austriaci…»

«L’affare di Castelnuovo mi ha sconvolto la testa, quelle sono le cose che mi fanno temere, ma mi conforta il pensiero che nelle città e singolarmente nel centro delle città non sono mai accadute. Spero che tu potrai confermarmi le nuove che Sandrà non fu messa a sacco».A scrivere al fratello Giacomo, il 19 aprile 1848 da Venezia, è la contessa Teresa Mosconi. Sa che il fratello è nella casa di Verona, ma si preoccupa della tenuta di famiglia di Sandrà, dove si trovano la villa e possedimenti terrieri. È un estratto di una delle diciotto lettere contenute nel volume Lettere dal Risorgimento, edito dall’associazione culturale Saletto con il contributo del Comune di Castelnuovo del Garda in occasione del 170° anniversario della strage dell’11 aprile 1848, voluta dal feldmaresciallo Josef Radetzky che aveva inviato le sue truppe affinché la repressione fosse di esempio e monito per tutti gli altri paesi e località della zona.Le missive fanno parte dei 6.242 documenti che compongono il fondo epistolare dell’archivio di villa Mosconi-Negri di Sandrà, in maggior parte lettere che i membri della famiglia nobiliare Mosconi si scambiavano tra loro, ricevevano da letterati e uomini di cultura del tempo, amici e amiche, tra cui patrioti. Un’opera di catalogazione minuziosa partita nel 2014 per volontà di Maria Vittoria Negri, erede Mosconi, che si è avvalsa dell’aiuto di alcuni studiosi locali tra cui Franco Corsini, curatore del volume assieme al professor Corrado Viola, docente di letteratura italiana all’Università di Verona. Le lettere pubblicate sono state scelte come le più esemplificative per restituire un’immagine di quegli anni di fermento in cui si stava facendo strada l’ideale di un’Italia unita.

LA PRIMA lettera è del gastaldo Michelangelo Turazzini, che cura la tenuta di Sandrà e tiene aggiornato il padrone Giacomo Mosconi. Il 2 aprile 1839 riferisce di una rissa avvenuta la sera precedente all’osteria di famiglia con militari austriaci provenienti da Castelnuovo che «volevano a tutta forza entrare nell’osteria quantunque l’ora nol permetteva. Rifiutandosi mio padre a dargli vino cominciarono a insultarlo e a passare alle percosse».Il 31 agosto 1842 è la madre Clarina Mosconi a scrivere a Giacomo, che si trovava a Lione. Gli dice di essersi dovuta recare a Sandrà per preparare la villa per i comandanti militari del Lombardo-Veneto, che occupavano le tenute cercando di organizzarsi sul territorio per meglio resistere ai contraccolpi esterni. «Tutti questi Principi verranno a stanziarsi a Piovezzano, Pastrengo, Colà e che so io, e noi fortunati avremo il feldmaresciallo Radetzky in casa nostra per tre o quattro giorni», riferisce con una certa dose di ironia.Pochi giorni prima della strage di Castelnuovo il gastaldo Turazzini scrive al conte Giacomo: «Tutti li giorni in passato mi spaventava un funesto avvenire. Ieri giunsero a Castelnuovo 4mila militari».Il 19 aprile gli racconta che Sandrà è un paese quasi deserto, perché molti erano scappati per rifugiarsi «sotto alle falde di Monte Baldo».A fine luglio, dopo la sconfitta di Custoza, il territorio torna a essere occupato dagli austriaci e Castelnuovo è di nuovo saccheggiata e così villa Mosconi. L’8 agosto il conte Giacomo si reca alla villa e scrive alla moglie Cristina rimasta a Verona: «Ciò che veramente ributta è l’indescrivibile sporcizia di quelli che hanno abitato questa nostra casa». Qualche riga sotto le fa sapere che «a Peschiera s’odono scambiare alcuni colpi di cannone e nulla più».

IL LIBRO è stato presentato mercoledì nella sala civica 11 Aprile 1848 durante il convegno dedicato agli studenti della scuola secondaria per commemorare la strage. Presenti, tra gli altri, il sindaco Giovanni Peretti, l’assessora provinciale Serena Cubico e la dirigente scolastica Annapia De Caprio. «Il paese sta restituendo a se stesso il proprio passato, il senso vivo e vero delle proprie radici», ha commentato Maria Vittoria Negri. Corsini, catalogatore e presidente dell’associazione Saletto, ha parlato di «lettere preziose: nonostante la storia delle battaglie rimanga sullo sfondo, qui ci sono le vite vere delle persone». Perché un conto è studiare la storia sui libri (dove peraltro la strage di Castelnuovo è spesso dimenticata), un altro è avere la fortuna di poterla rivivere attraverso la voce di chi l’ha vissuta sulla propria pelle.

Katia Ferraro

 

IN OCCASIONE dell’anniversario della strage sono state esposte le due lettere di Giacomo Leopardi scoperte nell’archivio di villa Mosconi-Negri di Sandrà al principio del 2016. Le missive, datate 1831, sono destinate a Giacomo Mosconi, conosciuto da Leopardi a Firenze l’anno prima. Le lettere di Mosconi a Leopardi sono note da tempo, conservate alla Biblioteca nazionale di Napoli.

IL PRIMO A SCRIVERE è Leopardi, il 26 maggio 1831. Lo fa da Firenze per chiedere a Mosconi un favore: procurargli alcuni documenti autografi di letterati veronesi come Pindemonte, Maffei, Fracastoro da donare a «una signora di qui, bella e gentile» che collezionava scritti di personaggi illustri. La ricerca proseguirà per alcuni mesi, ma Mosconi non riuscirà ad accontentare Leopardi e di questo si scuserà. A fine 1831 il poeta di Recanati ringrazia della ricerca, seppur infruttuosa, e risponde a Giacomo Mosconi circa la pubblicazione della sua raccolta di poesie: «I miei versi, poiché ha la bontà di domandarmene, sono pubblicati in Toscana già da alcuni mesi, ma vietatane da cotesto governo l’entrata nel Regno Lombardo Veneto, come già delle altre edizioni».

DELLE DUE lettere leopardiane e della loro contestualizzazione si è occupato il professor Corrado Viola, docente di letteratura italiana all’Università di Verona, fondatore e direttore del Centro di ricerca sugli epistolari del Settecento (Cres) e socio dell’associazione culturale Saletto. Alle preziose lettere il professor Viola ha dedicato a fine 2017 un articolo sul «Giornale storico della letteratura italiana», una delle più autorevoli riviste di italianistica esistenti.

K.F.

Condividi sui social