Lettera di Clarina Mosconi al figlio Giacomo in viaggio verso Firenze e Roma
Archivio Mosconi Negri n°2656
La contessa Clarina descrive lo svolgimento del Baccanale dei gnocchi a Verona di tradizione antichissima e frequentatissimo, non solo dai veronesi. Nell’anno 1838 ci fu un rilancio della festa che negli anni precedenti per vari motivi si svolse senza grandi entusiasmi.
Verona 6 febbraio 1838
Rigo 19 – Anche qui cadde neve in quantità e fu seguita da pioggia tanto dirotta che si dovette sospendere il Baccanale dei gnocchi e portarlo al sabato, che sebbene il tempo fosse minacciante ed anzi non ha permesso la continuazione del corso perché venne di bel nuovo la pioggia, pure fu imponente spettacolo di quantità di forestieri accorsi dietro l’ampolloso programma stampato. E la moltitudine dei territoriali era tale che non si potea camminar per le strade; molti di questi però erano dal venerdì ritornati alle loro case.
Il mal tempo non permise a tutti gli artigiani di far il loro carro; malgrado ciò erano venticinque e alcuni di questi magnifici, come per esempio i Fabbri Ferrai che rappresentavano i Ciclopi e i Calderai vestiti con usbergo (corazza) ed elmi tutti di rame lucidissimo che faceano un effetto magico. Si gettavano merci di molta sorte e quantità di commestibili, né fecero alcun disordine. Anzi tal è ora l’entusiasmo, che l’anno venturo vogliono anche i nobili e i possidenti aver il loro carro onde gettar al popolo tanti piccoli sacchetti di riso, farina e granturco ed alimentar varie migliaia di persone in quel giorno.
La sera vollero vedere in teatro il nuovo podestà Orti il quale fu ricevuto con unanimi e replicati applausi. Puoi figurarti come ne sia orgoglioso, ma il fatto è che egli non risparmiò denari per far sì che vada ad effetto una così ben ideata festa che divenuta era la più insipida che dar si possa. Movea il corteo, oltre la solita mascherata di S. Zeno e i carri della contrada distribuendo al popolo pane e vino lungo la via e l’altro gli gnocchi che sul carro stesso cuoceano, Da Vico montato sopra un cavallo bianco ben bardato, vestito alla foggia di quei tempi con abito di velluto nero e gran barba nera, cappello con piume, il famoso conte Sesso seguito da ventiquattro cavalieri vestiti gli uni di velluto cremisi e gli altri di velluto giallo e questi erano ventiquattro soldati ussari con superbi cavalli.
La truppa stava in armi attorno ai carri i quali andavano passo passo e lasciavano campo al popolo di accorrere e raccogliere nelle vie più ampie i generi che loro venivano gittati, giacchè nella strada del corso fin dopo porta Borsari non si gittò nulla e così nella strada stretta di S.Zeno. Io fui a godere dello spettacolo dalla Buella giacchè dalla Pompei ov’era la creme della società non fui invitata che il dì innanzi né quindi potei dispensarmi dall’invito anteriore. Arcangelo (il castaldo di Sandrà) e sua sorella furono in casa mia per tre giorni e vennero per godere della festa…….
Trascr. F.C.
(Immagine tratta da una cartolina d’epoca non presente in archivio)