Viaggio a Firenze, 1830 – 20

Firenze, 20 settembre 1830 (lunedì) terza parte

Il resto del palazzo granducale è bello, ricco di arredi preziosi e di magnifiche suppellettili, ma è nulla in confronto a quello di Milano. 

La più bella mobilia che s’abbia, e non è poco, è la vezzosissima Venere di Canova. 

Nel mentre che io stavo a contemplarla, tutti gli altri forestieri, che erano venuti con me a fare il giro, se ne andarono e io mi avvidi, di là a poco, che il custode mi aveva chiuso con Venere. Vedete a qual pericolo mi ha esposto! 

Dopo pochi minuti tornò per altro con una nuova compagnia e fui liberato dalla prigionia più bella che mi potessi aspettare, perché, fortunatamente, avevo fatta colazione poco prima e mi ero, ad ogni conto, rassegnato a passar qualche ora con Venere e ad ascrivere questo bizzarro accidente a una sventura occorsami nella reverenza e contemplazione delle belle arti.

Quella dimora con Venere non mi fece però perdere sì tanto il senno, che passando poi alla biblioteca privata1 del Granduca non vi trovassi oggetti di somma curiosità. 

Se Ottavio Cagnoli2 vi fosse stato avrebbe data la testa pe’ muri!

Il bibliotecario privato del re d’Inghilterra mi assicurò che non ne aveva veduta una più ricca, in quanto alle più splendide edizioni moderne, e poche di più rare, quanto a preziosi codici, di cui è fornita. 

Se aveste a vedere le edizioni Inglesi con stampe che vi sono, vi assicuro non potreste desiderare niente di più ricco: per darvene un esempio v’è un’opera recente dei classici che costa mille scudi3 al volume. Mi diceva il bibliotecario, sostituto di Giuseppe Molini4, che è a Parigi, che il Granduca vi spendeva da diecimila scudi all’anno e poi basta!

Dopo una visita di due ore e mezzo alla Biblioteca, me ne sono andato tosto alla Specola o Gabinetto di Storia naturale5. Belle, stupende, le preparazioni in cera lo saranno, lo credo, le ho ammirate, ma non me ne intendo né punto né poco. 

Con un giovane Francese abbiamo assieme minutamente esaminate le collezioni di Ornitologia, di Conchiliologia, di Chimica, Zoologia e di Mineralogia, che pur mi hanno fatto spendere tutto il resto di quel giorno. Io, però, ho più guardato che potuto ammirare, perché di queste scienze confesso di saperne assai poco oltre la nomenclatura. Però nelle vetrine della mineralogia ho veduti pezzi di sali, marmi, cristalli e pietre dure preziosissime.

La Venere di Antonio Canova

Nel dicembre del 1802 Antonio Canova (1757-1822) fu incaricato di realizzare una statua di Venere per sostituire la Venere dei Medici. Inizialmente l’intento era di riprodurre la statua medicea, ma la copia non venne mai portata a termine e Canova scolpì una Venere di sua invenzione, opera che giunse a Firenze nell’aprile del 1812. La Venere venne esposta nella Tribuna della Galleria degli Uffizi; dopo la caduta di Napoleone e il ritorno della Venere dei Medici a Firenze, venne collocata a Palazzo Pitti.

La statua di Venere, detta anche Venere Italica, riscosse un enorme successo e un plauso universale.

Ugo Foscolo scrisse a un amico: «Canova ha superato se stesso»

Antonio Canova a Verona

Nel 1815 Antonio Canova fu incaricato da Papa Pio VII del recupero delle opere d’arte espropriate da Napoleone, dopo il soggiorno a Parigi si recò in Inghilterra; durante il viaggio di ritorno si fermò qualche giorno a Verona nel Natale del 1815.

«… quando si seppe la venuta e presenza in Verona è incredibile il dire come dovunque passava stava affollato il popolo per vederlo, non altrimenti che un aspettato monarca»

Nell’occasione fu a cena da Clarina Mosconi, la madre di Giacomo, e poi andò a teatro.

«È da notarsi che quando intervenne la sera al teatro e comparve nel palco della contessa Clarina Mosconi e che si presentò… Ecco Canova! eccolo! si cominciò gridare e quindi un evviva, un battimano universale senza fine. A siffatta testimonianza inaspettata di stima si vide allora Canova rendere i dovuti atti di ringraziamento e poi, commosso sino piangerne d’allegrezza, ritirarsi per calmare le non prevedute acclamazioni, che ognor più si ripeteano». (P. Caliari, Il Canova a Verona)

Ippolito Pindemonte a Clarina Mosconi: «Seppi le nuove di Canova, e come fu applaudito in teatro, e seppi anche quello che non mi scrivete, cioè quanto bene avete voi festeggiato nella vostra casa quell’uomo insigne (Venezia, 10 febbraio 1816).

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  • Note
  • 1- La biblioteca Palatina, che aveva sede a palazzo Pitti, ora fa parte della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
  • 2- Ottavio Gagnoli (1783-1865) fu un uomo molto colto che scrisse di storia, di bachicoltura, di strade ferrate, di pubblica istruzione, ecc. Era grande amico dei Mosconi. Il celebre astronomo Antonio Cagnoli (1743-1816) era suo zio.
  • 3- circa 5.800 franchi francesi (Guidi, Ragguaglio monete, 1839). Per fare un confronto, la Nuova guida della città di Firenze … , ed. Giovanni Ricci, del 1835 costava 24 paoli (13,44 franchi francesi). Le pagine sono 570 con 60 illustrazioni e una pianta di Firenze. La guida della città di Firenze, ed. Campani del 1828, 287 pagine, costava 6 paoli (3,36 franchi).
  • 4- Giuseppe Molini (1772-1856) fu bibliotecario della Biblioteca Palatina dal 1827 al 1834.
  • 5- Il museo aveva un osservatorio astronomico, o specola, all’ultimo piano. Il corridoio Pocciantiano collegava Palazzo Pitti al Museo.

AMS: Ippolito Pindemonte a Clarina Mosconi 10 febbraio 1816

AMS: Ottavio Cagnoli n. 157 lettere dal 1831 al 1857

Antonio Canova (Ulisse con Alberto Angela) https://www.youtube.com/watch?v=0QxHl_jkjnk

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